La poesia dell'immagine sul dekstop

No, non si tratta di scritti in versi generati dal computer. Si parla di un articolo di Repubblica.it del quale riporto alcune parole capaci di costringermi a riflettere su di esse per qualche secondo. Si parla del desktop, l'homepage del nostro computer, alla quale anche io dedico qualche minuto ogni giorno e alla quale tengo molto.

Forse sono affascinato solo dal loro suono più che dal loro significato, ma essere affascinato dalle parole mi accade ogni giorno.
- Oggi chiunque di noi sa attraversare uno specchio, lo facciamo tutti i giorni, perché la loro diafana superficie s'è fatta davvero [...] "morbida come un velo, come una specie di nebbia" (L. Carroll, nda). Non riflette più quel che c'è al di qua, ma quel che c'è al di là, il mondo catturato nella Rete.
- Compriamo l'attrezzo più tecnologico oggi disponibile e lo tappezziamo di cliché visuali da vecchia cartolina. Dev'essere un bisogno di rassicurazione, di relax, come le musichette chill-out.
- Nel mondo virtuale, il desktop [...] è la soglia tra noi e tutto il resto. "Una retina esterna" per il guru del virtuale Derrick De Kerchove: protesi visuale su cui viene a proiettarsi l'immagine del mondo.
- ... "personalizzare" quello spazio di trapasso, mettendo a guardia un'immagine votiva e consolatrice (per i più timorosi) o aggressiva e seduttrice (per gli avventurosi).
- Il rettangolo dello schermo non è come la cornice sul camino, non è un reliquiario di ricordi o una bacheca per le immagini che ci piace avere sotto gli occhi. È più simile a una seconda pelle: una superficie di contatto con gli altri.
-I nostri desktop sembrano castelli inaccessibili, e invece sono campi di battaglia. Spazi ancora vergini dal mercato, fanno gola alle multinazionali del software, che cercano di appropriarsene. Ogni volta che installiamo un programma, quello tenta di piantare la sua bandierina sul nostro schermo.

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