by Limo
Alle volte la gente non si accorge di dire una cosa e di smentirla dopo pochi secondi.
Oggi solito discorso: i ragazzi di oggi non sanno più fare niente. È vero, perché negarlo? Però subito dopo continuano: io, quando sono uscita di casa, ho dovuto arrangiarmi a 20 anni oppure io, quando mia madre è mancata, mi sono data da fare per imparare a mandare avanti la casa.
Tutto nobile, per carità. Però... se hai dovuto darti da fare quando ti è mancato il sostegno, vuol dire che prima non eri capace di far niente. Proprio come i ragazzi di oggi, con la differenza che a loro non manca il sostegno. Quando toccherà a loro sapranno cavarsela. Proprio come hai fatto tu che te la meni e come hanno fatto i nostri genitori.
Mettendogliela in quel posto a tutti quelli che gli (e ci) vogliono male.
by Limo
Ognuno di noi ha una visione distorta della realtà: io ho un'immagine dell'Italia distorta dalla lettura di siti e blog; qualcun altro avrà una visione distorta dai reality e da Studio Aperto; altri ancora vedranno la propria vita sotto l'influsso di droghe o alcool; non sarà mai vietato pensare che Berlusconi lavora esclusivamente per il bene del Paese; chi ha sottobraccio ogni giorno l'Unità non potrà certo affermare di conoscere a fondo tutta la verità dei fatti; un economista vedrà sempre il profilo economico-finanziario di ogni fatterello; un ambientalista vedrà ogni innovazione come un passo lontano dall'armonia con la natura; un religioso (quelli veri, però, non i musulmani con la birra in mano o i cattolici divorziati) sarà ogni giorno più affranto nel constatare l'evoluzione della società umana.
Insomma, il mondo è bello perché è vario... ma che fatica.
by Limo
Mi rivedo nella foto scattate il giorno precedente. E sono bianco, bianco, bianchissimo; di un bianco accecante; di un bianco deprimente; di un bianco da agiato-fortunato occidentale; di un bianco impiegatizio; di un bianco quasi snob. Devo prendermi così, per quello che sono. Anzi no, posso essere diverso. Posso… diciamo potrei.
by Limo
Ritorno in Sardegna; scendo dalla nave e subito mi trovo “schiacciato” dal sole. E tutto intorno a me, che da sempre è sottomesso all’imperatore del cielo, si è adattato alla vita isolana: piante grassissime, tetti inesistenti, nessun uomo a capo scoperto per la via. Ma una familiarità inconsueta mi ha attraversato la mente e ha guidato le mie mani sul volante, dotandole di una naturalezza inaspettata. Forza dell’essere in vacanza?
E poi via, a toccare la sabbia della spiaggia con i piedi nudi, a fissare l’azzurro del mare senza fine, con poche onde e tanto sentimento, con pochi e fedeli e teutonici bagnanti a fissare, come me, come noi, la cornice dell’immenso. Perché il vero senso del mare lo capiscono in pochi e noi non siamo tra essi.
Un paio d’orette di sonno sotto il sole. Subito dopo una visita veloce a comprare della frutta vera, abbandonando per un attimo il rassicurante splendore plasticoso del supermercato cittadino, accorgendosi di non avere fame, di essersi nutriti di cielo di mare e di sole.
Al ritorno in spiaggia si cammina: metri di sabbia rovente e desolata e selvaggia, protetti da una sottile e invisibile pellicola tecnologica dai raggi violenti e velenosi dell’astro rovente. Si cammina, si chiacchiera, ci si tiene per mano.
Come al solito mi sono portato le scorte di riviste, libri, ritagli di giornale, acquisti impulsivi e scelte ragionate, in un mescolarsi frenetico e fluido di stimoli a riflettere, a conoscere, ad approfondire. Un insulso articolo sui Ramones della rivoluzione punk del magazine musicale per eccellenza, RS, si alterna a un nemmeno troppo impegnativo Dostoevskij – potete essere sicuri che non menta perché come avrei potuto scriverne correttamente il nome senza averlo letto dal dorso del libro stesso? – fino ad arrivare all’ennesimo, estenuante e inutile articolo sul Venerdì di Repubblica sul dualismo Coppi Vs. Bartali.
Dimentico qualcosa? Lei? Serve davvero che ne parli? Lei è sempre lì, promotrice e compagna di ogni viaggio, di ogni pensiero, di ogni ragionamento ad alta voce. La mia cara valletta, collega e padrona. La mia fonte e causa di piacere, fisico e filosofico. Non parlerei di tutte queste cose senza di lei, perché non potrei viverle. Parlerei delle brutture dell’Italia, di un inutile rimescolio di parole su un dualismo bi-partitico che tutti invochiamo ma che in fondo in fondo ci stanca dopo il primo giro di giostra. Scriverei male, con frasi sconnesse, non fluide. Scriverei a fatica, non una pagina al minuto. Farei fatica a respirare senza il suo sguardo che mi insegue per le stanze, per i corridoi, per i saloni, per la spiaggia, sul sedile dell’automobile. Ovunque. E per sempre.