Gli italiani sono un popolo di navigatori, poeti, santi e... conservatori. Conservatori nel senso peggiore del termine, cioè gente che odia e rifugge l'innovazione (sia essa tecnologica oppure di qualsiasi altro tipo).
E così nelle nostre città e nei nostri paesi cerchiamo di allontanare gli estetismi che suonino come troppo moderni i nostri occhi. Meglio l'ennesima e scontata piazza con il busto di Garibaldi piuttosto che rischiare qualcosa di nuovo che rischia di non intonarsi con il finto palazzo neoclassico ottocentesco.
Eppure altre città nel mondo si fanno vanto della propria modernità. Due casi su tutti. Barcellona si rinnova, con strade, piazze e monumenti che sono un inno alla contemporaneità pur essendo una città con una storia alle spalle. New York, che di storico in senso stretto ha ben poco da offrire, delizia i suoi visitatori con gli ardori della moderna scienza edilizia.
Tutto questo mi è saltato in mente di nuovo nel momento in cui in una trasmissione radiofonica il conduttore ha chiesto all'ascoltatore al telefono, dichiaratosi architetto, se si occupasse di interni o esterni. Quasi stupito, ha risposto: Ma a Milano cosa pensa che faccia un architetto? Ovviamente si occupa quasi esclusivamente d'interni. Le modifiche esterne sono troppo vincolate oppure non volute dagli stessi proprietari/inquilini.
Tutto questo mi è saltato in mente di nuovo nel momento in cui in una trasmissione radiofonica il conduttore ha chiesto all'ascoltatore al telefono, dichiaratosi architetto, se si occupasse di interni o esterni. Quasi stupito, ha risposto: Ma a Milano cosa pensa che faccia un architetto? Ovviamente si occupa quasi esclusivamente d'interni. Le modifiche esterne sono troppo vincolate oppure non volute dagli stessi proprietari/inquilini.
Italiani, un popolo di conservatori.
Guardiamo Londra: un incrocio spettacolare fra vecchio e nuovo, davvero.
Ciò che è storico ed ha un senso viene conservato, ciò che può essere migliorato viene integrato da strutture più moderne: là i magazzini portuali (quartiere degradato) non li hanno abbattuti, ma li hanno rinnovati, ammodernati nell'aspetto e ne hanno tratto un quartiere di lusso.
In Italia è difficle pretendere di rinnovare città come Roma, Venezia o Firenze (e perchè poi) ma Milano sì, deve rinnovarsi, perchè così ha un aspetto davvero pessimo.
Fortunatamente ora dal piano regolatore è stato rimosso il vincolo dell'altezza massima degli edifici (era la Madunina), la fiera vecchia verrà abbattuta e nascerà un nuovo quartiere degno di una metropoli moderna, o così mi piace credere.
Io penso che il problema dell'Italia non sia l'eccesso di "conservatorismo", ma proprio il contrario!!
Nella foga di costruire si è costruito senza regole ed ecco che ci troviamo con questa accozzaglia affascinante di nuovo e di vecchio. 2000 e più anni nell'arco di mezzo Km...
Occorre poi aggiungere che siamo una nazione (in linea di massima) abbastanza povera e che l'unico momento di lungimiranza architetturale c'e' stata sotto il fascismo (capitemi, intendo l'unico momento in cui qualcuno ha pensato di poter mettere mano ad una città che era già li da un po' come Roma) che come stile architetturale non era proprio il massimo...
Qui dalle mie parti, per es., oltre a girare molta grana, hanno avuto la fortuna di avere una dittatura sanguinaria e megalomane un'ottantina di anni prima, quando gli stili architettonici erano ancora guardabili.
Se ci si aggiunge che il loro "architetto" di fiducia era uno che la sapeva lunga, ecco spiegato l'arcano. Ora questa armonia iniziale rimane, perché non si costruisce più, e se si costruisce lo si fa secondo regole rigidissime. Le grandi opere sono in mano allo stato, che ha un'alta opinione di se stesso, per cui anche quando ha intenzione di fare qualcosa che più moderno non si puo' lo fa con un po' di criterio.
Però innovare si può, anche a costo di fare figure barbine.
Un esempio: la nuova Fiera di Rho. Ammirata per la sua arditezza archietttonica e funzionale, si scontra con alcuni problemi frutto della scarsa mentalità italiana all'innovazione. Un problema su tutti: si fa fatica ad arrivarci perché non hanno pensato a un piano di riordino della viabilità che permettesse di sfruttare davvero la struttura (e scordiamoci quel progetto dell'area urbana che fa bella mostra di sè nella pagina del sito). Risultato? Figuraccia.
Eppure, come dice Carlo, così non va. Milano è brutta. Non ci si vive. I suoi cittadini la odiano e, appena possibile, se ne vanno. I giovani preferiscono abitare a Dalmine (che è tutto dire!) piuttosto che rimanere nella metropoli (e non solo per i prezzi delle abitazioni).
Possibile che non si possa far niente per migliorare la situazione se non abolendo il limite di altezza dei palazzi? Palazzi di 100 anni fa che poi esplodono perché le condutture del gas sono nascoste-interrate-sommerse-scomparse-incontrollabili nel sottosuolo o tra i muri nati dalla fusione di mille restauri abbozzati senza scopo? Permetti l'abbattimento del palazzo e vediamo cosa salta fuori...
A Lovere, piccolo paesino della provincia bergamasca, hanno inaugurato una passeggiata sul lago che non è la solita accozzaglia di piastrelle-marciapiede-giardinetto-ringhierina. Ne è nato un progetto che prevede legno-sgabelli- strutture moderniste.
Bisogna ammetterlo, è abbastanza inguardabile, ma la polemica che ne è nata (e che continua tutt'ora) non riguarda la bruttezza presunta della realizzazione, ma il fatto che non si amalgami al resto del paesino, alla sua atmosfera e alle sue tradizioni.
Il problema sta tutto lì...