È tornata l'Aida a Milano. È tornato Verdi per la prima della Scala. Successo di critica e pubblico: un gonfiarsi di petti (maschili, quelli femminili erano già gonfi abbastanza, vero Donatella (inguardabile)?), sguardi e sorrisi compiaciuti per aver assistito a uno spettacolo e al tempo stesso essere stati attori della commedia della prima trasmessa da ogni emittente pubblica e privata, uno slancio rapace verso i microfoni tesi dai giornalisti all'uscita per raccogliere pareri di incompetenti danarosi (vedremo nei prossimi giorni i pareri dei veri melomani che si potranno permettere di seguire le repliche).
Tutti a lodare la grandiosità dell'allestimento di Zeffirelli, lo spreco di dorature e comparse, la magnificenza dell'eccesso e dell'esagerazione. Meglio la musica pop a questo punto: se gli U2 o i Rolling Stones fanno un tour grandioso ma povero di sostanza e di interpretazione qualcuno lo fa notare che dietro la patina di grandeur c'è un gruppo stanco e demotivato.
Invece questa fresca opera del 1871 è sempre interpretata con gioia, passione, sentimento, preparazione. Sarà vero?
Sarebbe come se cinema riproponessero sempre Quarto potere o Il gabinetto del dottor Caligaris. Belli e significativi, autoriali e di spessore... ma non si può fare altro?
Tutti a lodare la grandiosità dell'allestimento di Zeffirelli, lo spreco di dorature e comparse, la magnificenza dell'eccesso e dell'esagerazione. Meglio la musica pop a questo punto: se gli U2 o i Rolling Stones fanno un tour grandioso ma povero di sostanza e di interpretazione qualcuno lo fa notare che dietro la patina di grandeur c'è un gruppo stanco e demotivato.
Invece questa fresca opera del 1871 è sempre interpretata con gioia, passione, sentimento, preparazione. Sarà vero?
Sarebbe come se cinema riproponessero sempre Quarto potere o Il gabinetto del dottor Caligaris. Belli e significativi, autoriali e di spessore... ma non si può fare altro?
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