Questo post poteva stare benissimo come introduzione, come primo capitolo di una saga non si sa quanto lunga. E infatti lo era, ma l'ho ritrovato disperso tra i file del mio computer solo ora.
Perché un blog? Qualche parola buttata lì, accessibile a tutti (e quindi anche a me stesso). La mia è una vita ordinaria, senza tanti sconquassi o stravaganze. Almeno esteriormente. Il mio animo è però spesso vittima di illusioni e intense emozioni, di ricordi ed esperienze vissute attraverso gli occhi della letteratura o della televisione, della pubblicità o dell’arte, della strada o dell'autobus; esperienze immaginate e meditate tra mille fugaci pensieri nati come una folgore da una passeggiata solitaria o da una settimana di riflessione. Ma tutto questo scompare. Troppo in fretta. Inevitabilmente. Tutti ci ricorderemo dei nostri viaggi all’estero, di quella divertentissima festa e di quell’incontro che ci ha cambiato la vita. Ma le piccole emozioni e riflessioni di ogni giorno nessuno se le ricorderà. Io voglio fissare anche il presente. Voglio rileggere alcune righe tra 10 anni e vedermi cambiato, migliorato, accresciuto e deridere me stesso ingenuo d’anni prima. Questo vuol dire crescere, vivere, diventare ogni giorno migliori. Capita a tutti gli artisti (non che voglia annoverarmi tra essi) di riprendere in mano i propri scritti o disegni o bozzetti o canzoni della giovinezza e di considerarle con un sorriso benevolo frutto della saggezza acquisita.
Per dare credibilità a quest’opera di creazione mi viene da citare Fëdor M. Dostoevskij e il suo tormentato “Memorie del sottosuolo” (nella traduzione di Milli Martinelli, Classici Moderni BUR), I/XI:
Ma c’è ancora una cosa: perché, che cosa mi spinge, personalmente, a scrivere, se non per un pubblico? Non potrei semplicemente ricordare, senza trasferire tutto sulla carta?
Infatti; ma sulla carta tutto risulterà più solenne. In questo c’è qualcosa di suggestivo, ne uscirà un giudizio più preciso su di me; e sarà connesso allo stile. E a parte tutto, forse dallo scrivere mi verrà un sollievo. Ecco, ora per esempio mi opprime un remotissimo ricordo. M’è tornato alla mente chiaramente da qualche giorno e da allora mi sta appiccicato come un fastidioso motivo musicale che non voglia andarsene. E però devo assolutamente liberarmene. Ne ho a centinaia di tali ricordi; ma in certi momenti ne salta fuori uno che mi pesa come un macigno. E io, chissà perché, credo che se lo scrivo me lo scrollo di dosso. Perché non provare?
E infine mi annoio, e me ne sto eternamente senza fare niente. Scrivere è davvero una specie di lavoro. Dicono che col lavoro l’uomo diventa buono e onesto. Una probabilità, se non altro.
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