Chissà il coccolone che ha preso Berlusconi ieri leggendo l'editoriale (questo) di Paolo Mieli, direttore del Corriere della Sera, in cui dice "il nostro giornale auspica un esito favorevole ad una delle due parti in competizione: il centrosinistra".
Chissà come si sentiva l'addetto alla comunicazione del premier quando ha dovuto comunicargli quello che aveva scritto il Corsera: "Dottore, mi scusi, dovrei farle leggere una cosa...". Agghiacciante.
Non mi considero un attento osservatore della vita politica in Italia, ma sono giunto (insieme a milioni di altri cittadini) alle medesime conclusioni: "il governo ha dato l’impressione di essersi dedicato più alla soluzione delle proprie controversie interne e di aver badato più alle sorti personali del presidente del Consiglio che non a quelle del Paese". Non l'ho detto io o qualche altro sprovveduto italiano, ma uno dei giornalisti più celebri e importanti del panorama nazionale.
Chissà come avrà reagito il Cavaliere di fronte al suo mondo che gli si rivolta contro: lui, Cesare della comunicazione, Attila dell'etere, Napoleone dell'editoria, lui, che si fregia di un titolo (quello di Cavaliere per l'appunto), che è uno dei meno ambiti e prestigiosi (meglio il Commendator Bocelli) ma che sente suo in quanto "operaio" (cantante, attore, musicista, antennista, mitomane, medico, avvocato e dottore). Lui che ha fondato la sua vita, la sua carriera e il suo ricordo nei postumi come magnate e mattatore della comunicazione subisce il colpo più duro proprio da un quotidiano. Roba vecchia, superata dal Drive In e da McGyver. Roba vecchia che ha però ancora il suo peso.
Chissà come si sentiva l'addetto alla comunicazione del premier quando ha dovuto comunicargli quello che aveva scritto il Corsera: "Dottore, mi scusi, dovrei farle leggere una cosa...". Agghiacciante.
Non mi considero un attento osservatore della vita politica in Italia, ma sono giunto (insieme a milioni di altri cittadini) alle medesime conclusioni: "il governo ha dato l’impressione di essersi dedicato più alla soluzione delle proprie controversie interne e di aver badato più alle sorti personali del presidente del Consiglio che non a quelle del Paese". Non l'ho detto io o qualche altro sprovveduto italiano, ma uno dei giornalisti più celebri e importanti del panorama nazionale.
Chissà come avrà reagito il Cavaliere di fronte al suo mondo che gli si rivolta contro: lui, Cesare della comunicazione, Attila dell'etere, Napoleone dell'editoria, lui, che si fregia di un titolo (quello di Cavaliere per l'appunto), che è uno dei meno ambiti e prestigiosi (meglio il Commendator Bocelli) ma che sente suo in quanto "operaio" (cantante, attore, musicista, antennista, mitomane, medico, avvocato e dottore). Lui che ha fondato la sua vita, la sua carriera e il suo ricordo nei postumi come magnate e mattatore della comunicazione subisce il colpo più duro proprio da un quotidiano. Roba vecchia, superata dal Drive In e da McGyver. Roba vecchia che ha però ancora il suo peso.
La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu