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Chissà come si sentiva l'addetto alla comunicazione del premier quando ha dovuto comunicargli quello che aveva scritto il Corsera: "Dottore, mi scusi, dovrei farle leggere una cosa...". Agghiacciante.
Non mi considero un attento osservatore della vita politica in Italia, ma sono giunto (insieme a milioni di altri cittadini) alle medesime conclusioni: "il governo ha dato l’impressione di essersi dedicato più alla soluzione delle proprie controversie interne e di aver badato più alle sorti personali del presidente del Consiglio che non a quelle del Paese". Non l'ho detto io o qualche altro sprovveduto italiano, ma uno dei giornalisti più celebri e importanti del panorama nazionale.
Chissà come avrà reagito il Cavaliere di fronte al suo mondo che gli si rivolta contro: lui, Cesare della comunicazione, Attila dell'etere, Napoleone dell'editoria, lui, che si fregia di un titolo (quello di Cavaliere per l'appunto), che è uno dei meno ambiti e prestigiosi (meglio il Commendator Bocelli) ma che sente suo in quanto "operaio" (cantante, attore, musicista, antennista, mitomane, medico, avvocato e dottore). Lui che ha fondato la sua vita, la sua carriera e il suo ricordo nei postumi come magnate e mattatore della comunicazione subisce il colpo più duro proprio da un quotidiano. Roba vecchia, superata dal Drive In e da McGyver. Roba vecchia che ha però ancora il suo peso.
La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu