Francesca Comenicini (sorella di..., figlia di..., bla bla bla...) ha presentato alla Festa del Cinema di Veltr... ehm... di Roma, il film A casa nostra, con Luca Zingaretti e Valeria Golino.
Il film è stato fischiato. Può succedere. Come dice il saggio (o il pubblicitario) non tutte le ciambelle escono col buco, quindi non stupisce (e non deve stupire) che una pellicola non sia pienamente riuscita.
Ma il punto è un altro. In conferenza stampa è stato chiesto alla regista come mai una romana abbia ambientato un film a Milano. I motivi possono essere molti, primo fra tutti quello che dovendo dare uno spaccato dei rivolti e dei fattacci finanziari contemporanei non vedo quale altra ambientazione italiana si potesse dare. Se poi ci mettiamo che la figura di Berlusconi è neanche troppo velatamente sullo sfondo direi che il cerchio si chiude.
La vogliamo finire? Vogliamo uscire da questo provincialismo tutto italiano? Se sei di Roma non puoi ambientare un film a Milano? Peccato di lesa maestà verso l'SPQR? Forse. Ma forse no. È proprio la nostra poca voglia di metterci in gioco a giocare brutti scherzi. Cineasti di tutto il mondo producono film ambientati ovunque e in qualunque tempo e una regista italiana contemporanea non può ambientare una vicenda contemporanea in una città a poche ore di treno da dove è vissuta? Scherziamo?
Anche la risposta (riformulo) della Comencini, va detto, percorre la stessa, medesima, triste chiusura mentale: Mio padre ha vissuto a Milano, quindi praticamente mi sento milanese d'adozione. E io una volta ho fatto un pic-nic e quindi mi sento un po' un albero...
Il film è stato fischiato. Può succedere. Come dice il saggio (o il pubblicitario) non tutte le ciambelle escono col buco, quindi non stupisce (e non deve stupire) che una pellicola non sia pienamente riuscita.
Ma il punto è un altro. In conferenza stampa è stato chiesto alla regista come mai una romana abbia ambientato un film a Milano. I motivi possono essere molti, primo fra tutti quello che dovendo dare uno spaccato dei rivolti e dei fattacci finanziari contemporanei non vedo quale altra ambientazione italiana si potesse dare. Se poi ci mettiamo che la figura di Berlusconi è neanche troppo velatamente sullo sfondo direi che il cerchio si chiude.
La vogliamo finire? Vogliamo uscire da questo provincialismo tutto italiano? Se sei di Roma non puoi ambientare un film a Milano? Peccato di lesa maestà verso l'SPQR? Forse. Ma forse no. È proprio la nostra poca voglia di metterci in gioco a giocare brutti scherzi. Cineasti di tutto il mondo producono film ambientati ovunque e in qualunque tempo e una regista italiana contemporanea non può ambientare una vicenda contemporanea in una città a poche ore di treno da dove è vissuta? Scherziamo?
Anche la risposta (riformulo) della Comencini, va detto, percorre la stessa, medesima, triste chiusura mentale: Mio padre ha vissuto a Milano, quindi praticamente mi sento milanese d'adozione. E io una volta ho fatto un pic-nic e quindi mi sento un po' un albero...
Che tristezza... uno dei tanti particolari che denotano non solo il provincialismo italiano, ma anche la povertà delle questioni che girano intorno a questo "splendido" festival...
Da addetto ai lavori, quale pensi che sia davvero l'intenzione di questo festival? Serviva in Italia un altro festival? A Venezia lo spazio per gli indigeni era ormai troppo ridotto?