La musica immateriale


Cos’è la musica? O meglio: cos’era la musica? Cosa la musica non è più?

Primo concetto fondamentale: oggi la musica non è più arte.
Questa affermazione può sembrare categorica e discutibile, ma è innegabile che la stra-grande maggioranza delle composizioni musicali non siano espressione d’arte. Io stesso ne sono un estimatore (almeno per quel che riguarda il lato hard-rock), ma non mi arrampico sugli specchi cercando di giustificarle come espressioni della decadenza morale e sonora del mondo contemporaneo... come il frutto del disagio esistenziale e dell’incapacità cronica capitalistico-marxista-leninista che l’essere umano attraversa andando all’atavica caccia dell’inconscio sub-stanziale e altre parole del genere sistemate a caso una di seguito all’altra seguendo l’unica regola che si ricorda dai propri elementari studi di grammatica e sintassi: due vocali uguali non si devono mai incontrare (ma anche questa semplice regola genera un sacco di confusione con la questione degli apostrofi... ma lasciamo perdere).

Un tempo neanche troppo lontano, la musica era un bene inestimabile proprio perché non riproducibile: un quadro potevi averlo continuamente davanti agli occhi (oppure recarti a contemplarlo), un libro potevi, a volontà, riprenderlo in mano e dargli una lettura, magari solo a quella pagina o a quel passaggio che aveva colpito la nostra immaginazione. Ma la musica no. Quella era non-contenibile: era necessario un musicista che la suonasse (e ci si arrabattava per imparare qualche nota). E quindi si acquistava il musicista: a corte, in chiesa, nei palazzi.

L’avvento della registrazione musicale ha fatto passare l’artista in secondo piano, almeno per quel che riguarda l’esecuzione. Quei misteriosi oggetti grammofonici permettevano un ascolto impreciso e poco fedele, è vero, ma almeno a-sincrono rispetto all’esecuzione reale. E quindi si acquistava il disco.

L’avvento della registrazione musicale digitale e di qualità (non sempre queste due caratteristiche sono conciliabili, ma in linea di massima diamolo per assodato) ha portato l’ascoltatore sempre più lontano dal musicista. Il musicista può essere simulato, può addirittura non esistere o non essere in grado di riprodurre i suoni che ha registrato E quindi si è passati ad “acquistare” il contenitore di musica.

Oggi è così: non si compra più l’album, il disco, il supporto magneto-ottico in cui è incisa la musica: oggi si spende per lo spazio che li contiene. In quanti hanno acquistato un lettore di musica digitale pagandolo parecchi euro? Come è possibile? È possibile proprio perché il valore della musica è scomparso, scemato. Probabilmente ingiustamente, ma forse no. La musica è ovunque, eternamente raggiungibile, costantemente disponibile. Quello che si mette nel proprio lettore/computer è quasi accidentale: basta che sia musica del genere di nostro gradimento e che sia possibile cambiarla spesso.

Siamo arrivati al paradosso che il valore non è il contenuto ma il contenitore. Sarebbe come se il valore vero di una bottiglia di vino fosse la bottiglia e non il vino: quest’ultimo durerà pochi giorni (o pochi assaggi). Il liquido contenuto è passato in secondo piano e tutti ci fermeremo ad ammirare la bottiglia. Sembra assurdo, ma la musica ha subito questo processo di decadimento. È ciclicamente tornata ad essere quel fenomeno immateriale che è sempre stato fin dall’inizio dell’umanità: puro suono non identificabile con alcunché di “fisico”.

Puro suono. Pura fantasia. Pura immaginazione.

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