Ormai ci abbiamo fatto l'abitudine: nessuno sport è immune alla piaga del doping. Certamente alcuni ne sono più afflitti per una questione di "conformazione": nel ciclismo vince chi pedala più veloce e più a lungo, quindi se un atleta ha più birra in corpo è naturale che abbia maggiori probabilità di vittoria. Lo stesso vale per alcune discipline di atletica leggera: corsa (su varie distanze), lanci, salti.
Sappiamo tutti (o almeno ci arriviamo col buon senso) che i laboratori che producono le sostanze proibite sono un passo più avanti di quelli che dovrebbero scoprirlo, ma a mettersi in mezzo è anche la legislazione sportiva. Le agenzie che si occupano del problema, a livello internazionale la WADA (World Anti-Doping Agency) e a livello nazionale la CVD (Commissione per la Vigilanza e il Controllo sul Doping), tralasciano nelle loro liste di sostanze proibite decine di molecole dopanti (orrendo neologismo) che invece sono ben studiate e individuate: sul sito SportPro ne trovate un esaustivo elenco insieme ad alcune spiegazioni.
Da appassionato di calcio (è o non è lo sport nazionale?) mi sono sempre chiesto quanto fosse presente il doping a modificare le prestazioni degli atleti scesi in campo. Molti calciatori che finiscono la partita in perfetta forma mi hanno sempre insospettito, ma la mia convinzione è che un calciatore può correre poco ed essere comunque decisivo e imprendibile grazie ad abilità tecniche che nessuna droga o stimolante possono infondere nei piedi. Prendiamo l'esempio di Maradona: l'unica droga di cui ha abusato è la cocaina, ma questo è un vizio extra-calcistico che influiva negativamente sulle prestazioni sul campo di calcio. Il processo appena concluso a carico della Juventus (si trattava di abuso di farmaci, non di doping in senso stretto) ha scoperchiato un pentolone che si è chiuso con un nulla di fatto.
Proprio l'abuso di farmaci è stato sempre la piaga del calcio. Emblematico il caso della Fiorentina degli anni '70 (l'intervista alla moglie di una delle vittime), i cui giocatori hanno avuto, negli anni a seguire, problemi di ogni tipo (soprattutto malattie degenerative). Non voglio tirare conclusioni o formulare giudizi, ma vi lascio solo un elenco inquietante: Giuseppe Longoni detto Pino muore nel 2006 dopo un calvario di 11 anni per una vasculopatia a cui sono seguiti 3 ictus; Nello Saltutti morto d'infarto a 56 anni; Ugo Ferrante ucciso nel 2005 da un tumore alle tonsille; Bruno Beatrice morto a 39 anni per una leucemia; Adriano Lombardi da tempo è sulla sedia a rotelle per il morbo di Gehrig; Massimo Mattolini ha subito un trapianto di reni; Mimmo Caso è sopravvissuto a un tumore al fegato; Giancarlo de Sisti vittima di un ascesso frontale al cervello; Giancarlo Antonioni ha avuto un infarto a 51 anni. Tu chiamale se vuoi, coincidenze? Chiudo con una nota di par condicio e segnalo anche un'intervista in cui il medico sociale di quegli anni si discolpa.
Sappiamo tutti (o almeno ci arriviamo col buon senso) che i laboratori che producono le sostanze proibite sono un passo più avanti di quelli che dovrebbero scoprirlo, ma a mettersi in mezzo è anche la legislazione sportiva. Le agenzie che si occupano del problema, a livello internazionale la WADA (World Anti-Doping Agency) e a livello nazionale la CVD (Commissione per la Vigilanza e il Controllo sul Doping), tralasciano nelle loro liste di sostanze proibite decine di molecole dopanti (orrendo neologismo) che invece sono ben studiate e individuate: sul sito SportPro ne trovate un esaustivo elenco insieme ad alcune spiegazioni.
Da appassionato di calcio (è o non è lo sport nazionale?) mi sono sempre chiesto quanto fosse presente il doping a modificare le prestazioni degli atleti scesi in campo. Molti calciatori che finiscono la partita in perfetta forma mi hanno sempre insospettito, ma la mia convinzione è che un calciatore può correre poco ed essere comunque decisivo e imprendibile grazie ad abilità tecniche che nessuna droga o stimolante possono infondere nei piedi. Prendiamo l'esempio di Maradona: l'unica droga di cui ha abusato è la cocaina, ma questo è un vizio extra-calcistico che influiva negativamente sulle prestazioni sul campo di calcio. Il processo appena concluso a carico della Juventus (si trattava di abuso di farmaci, non di doping in senso stretto) ha scoperchiato un pentolone che si è chiuso con un nulla di fatto.
Proprio l'abuso di farmaci è stato sempre la piaga del calcio. Emblematico il caso della Fiorentina degli anni '70 (l'intervista alla moglie di una delle vittime), i cui giocatori hanno avuto, negli anni a seguire, problemi di ogni tipo (soprattutto malattie degenerative). Non voglio tirare conclusioni o formulare giudizi, ma vi lascio solo un elenco inquietante: Giuseppe Longoni detto Pino muore nel 2006 dopo un calvario di 11 anni per una vasculopatia a cui sono seguiti 3 ictus; Nello Saltutti morto d'infarto a 56 anni; Ugo Ferrante ucciso nel 2005 da un tumore alle tonsille; Bruno Beatrice morto a 39 anni per una leucemia; Adriano Lombardi da tempo è sulla sedia a rotelle per il morbo di Gehrig; Massimo Mattolini ha subito un trapianto di reni; Mimmo Caso è sopravvissuto a un tumore al fegato; Giancarlo de Sisti vittima di un ascesso frontale al cervello; Giancarlo Antonioni ha avuto un infarto a 51 anni. Tu chiamale se vuoi, coincidenze? Chiudo con una nota di par condicio e segnalo anche un'intervista in cui il medico sociale di quegli anni si discolpa.
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