Sono nato sul confine tra le province di Bergamo e Brescia, tra quelle valli che sono una pace per gli occhi (quanti pomeriggi estivi sereni) e una sicurezza per i giovani (per la selvaggia industrializzazione). Ho assistito (divertito) alla nascita e allo sviluppo degli anni 90 del fenomeno Lega Nord: un misto di folklore e di oneste rivendicazioni da parte di una popolazione lavoratrice e con poca propensione per la politica. All'improvviso decine di persone si erano svegliate dal torpore e avevano intrapreso una battaglia quasi personale contro la burocrazia e quella realtà lontana denominata coloritamente Roma ladrona, in realtà meta costante dei viaggi (di natura religiosa o scolastica o culturale) di tutti quegli stessi che, a parole, la insultavano.
Officiante di questi riti pagani, leader indiscusso e incarnazione di queste volontà popolari è stato, indubitabilmente, Umberto Bossi: rozzo, alla mano, astuto, grintoso. Ma questa grinta l'ha tradito. Il suo cuore, nel marzo 2004, non ha retto a un'altra battaglia che si preannunciava tosta e senza esclusione di colpi. L'attacco, una lunga riabilitazione lontano da occhi indiscreti (ma solo quelli delle telecamere nazionali, perché il suo popolo (quello leghista, ma anche quello delle province in generale) circondava di affetto il suo uomo che aveva portato alla ribalta richieste che albergavano nell'animo di tutti). Alla secessione nessuno hai mai creduto e la devolution molti non capiscono cosa sia, ma la voglia di contare di più nella politica nazionale era palpabile, e Umberto è riuscito nell'impresa di portare alla ribalta i problemi di tanti piccoli imprenditori del Nord Italia quando i telegiornali avevano fiato solo per i problemi del Mezzogiorno.
Ho sempre guardato con un certo distacco questa realtà politica fatta di slogan e parole buttate lì senza riflettere, di ministri incapaci e abominevoli. Ora è finita. Il declino del suo leader sta portando al declino del movimento. Le amministrazioni comunali leghista stanno scomparendo, spazzate dal vento azzurro e da un ritorno all'originaria frattura tra padroni (e padroncini) e operai. Il movimento della Lega non è più così orgoglioso di sé stesso da organizzare manifestazioni e comizi ad ogni angolo della strada. L'unica eredità che ci è rimasta sono i cartelli bilingue con i nomi dei paesi in dialetto, povero residuo di una infatuazione popolare durata lo spazio di un decennio.
La Lega Nord è ormai ai margini degli schieramenti e dei giochi politici, ferita e agonizzante come il suo leader. Ciao Umberto (così ti chiamano tutti), non ti ho mai votato, ma almeno eri una persona genuina, preferibile al tuo leader di coalizione con la faccia di plastica.
Officiante di questi riti pagani, leader indiscusso e incarnazione di queste volontà popolari è stato, indubitabilmente, Umberto Bossi: rozzo, alla mano, astuto, grintoso. Ma questa grinta l'ha tradito. Il suo cuore, nel marzo 2004, non ha retto a un'altra battaglia che si preannunciava tosta e senza esclusione di colpi. L'attacco, una lunga riabilitazione lontano da occhi indiscreti (ma solo quelli delle telecamere nazionali, perché il suo popolo (quello leghista, ma anche quello delle province in generale) circondava di affetto il suo uomo che aveva portato alla ribalta richieste che albergavano nell'animo di tutti). Alla secessione nessuno hai mai creduto e la devolution molti non capiscono cosa sia, ma la voglia di contare di più nella politica nazionale era palpabile, e Umberto è riuscito nell'impresa di portare alla ribalta i problemi di tanti piccoli imprenditori del Nord Italia quando i telegiornali avevano fiato solo per i problemi del Mezzogiorno.
Ho sempre guardato con un certo distacco questa realtà politica fatta di slogan e parole buttate lì senza riflettere, di ministri incapaci e abominevoli. Ora è finita. Il declino del suo leader sta portando al declino del movimento. Le amministrazioni comunali leghista stanno scomparendo, spazzate dal vento azzurro e da un ritorno all'originaria frattura tra padroni (e padroncini) e operai. Il movimento della Lega non è più così orgoglioso di sé stesso da organizzare manifestazioni e comizi ad ogni angolo della strada. L'unica eredità che ci è rimasta sono i cartelli bilingue con i nomi dei paesi in dialetto, povero residuo di una infatuazione popolare durata lo spazio di un decennio.
La Lega Nord è ormai ai margini degli schieramenti e dei giochi politici, ferita e agonizzante come il suo leader. Ciao Umberto (così ti chiamano tutti), non ti ho mai votato, ma almeno eri una persona genuina, preferibile al tuo leader di coalizione con la faccia di plastica.
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