Wenders & Cinema

Nel 1995, centenario del cinema ("inventato" dai fratelli Lumière nel 1895), Wim Wenders gira questo film, Lisbon Story, in omaggio alla settima arte. Un film poetico, visionario e al tempo stesso semplice e banale, che usa accorgimenti tecnici alle volte brillanti ma anche volutamente arcaici in ossequio al festeggiato. Quello che però mi ha più colpito è questo monologo in cui il cinema è accusato di decadenza, di omicidio, di essere la macchina che distrugge la realtà e al tempo stesso la conserva. Un elogio e un'accusa contemporaneamente. Spero di averlo trascritto giusto (e d'altra parte non posseggo la versione in lingua originale quindi dovrete accontentarvi della traduzione). Ovviamente la punteggiatura l'ho inserita a mia discrezione.

Le immagini non sono più quelle di un tempo. Impossibile fidarsi di loro, lo sappiamo tutti, lo sai anche tu. Mentre noi crescevamo le immagini erano narratrici di storie e rivelatrici di cose. Ora sono tutte in vendita, con le loro storie e le loro cose. Sono cambiate sotto i nostri occhi. Non sanno più come dimostrare nulla, hanno dimenticato tutto. Le immagini vengono svendute al di là del mondo Winter... e con grossi sconti!

Quando sono venuto a Lisbona per girare il mio filmino, pensavo di fare chissà che. Quanto ne abbiamo parlato, ricordi? Volevo realizzarlo in bianco e nero, con una vecchia cinepresa a manovella, come Buster Keaton e il cameraman, girandola solo per le strade: un uomo e la sua cinepresa. Evviva Dziga Vertov! Facendo finta che tutta la storia del cinema fosse zero e ricominciando dal principio, cent'anni dopo. Beh, non ha funzionato Winter... diciamo che per un po' mi è sembrato anche possibile, ma poi tutto è crollato. Io amo davvero questa città, Lisboa, e c'è stato un tempo che io veramente l'ho vista, di fronte ai miei occhi. Ma puntare una cinepresa è come puntare un fucile e ogni volta che la puntavo mi sembrava come se la vita si prosciugasse dalle cose. E io giravo, giravo, ma ogni colpa di manovella la città si ritraeva, svaniva sempre di più, sempre di più, come il gatto di Alice. Nada.

Stava diventando insopportabile, Dio lo spavento che mi ha preso. a Questo punto ho cercato il tuo aiuto e per un po' ho vissuto con l'illusione che il suono potesse salvare il giorno, che i tuoi microfoni potessero strappare le mie immagini alle loro tenebre. No, non c'è speranza, non c'è speranza per nulla Winter, non c'è speranza. Ma questa è la strada Winter, e io voglio percorrerla.

Ascolta.

Un'immagine che non sia stata vista non può svendere nulla. È pura e, perciò, vera e meravigliosa. Insomma innocente. Finché nessun occhio la contamina, è in perfetto unisono col mondo. Se nessuno l'ha guardata, l'immagine e l'oggetto che rappresenta sono l'uno dell'altra. Sì, una volta che l'immagine è stata vista, l'oggetto che è in essa muore.

Ecco, Winter, la mia biblioteca delle immagini non viste: ognuno di questi nastri è stato girato senza che nessuno guardasse attraverso la lente. Nessuno li ha visti mentre venivano impressi. Nessuno dopo che li abbia controllati. Tutto quello che ho ripreso l'ho ripreso alle mie spalle. Queste immagini mostrano la città (Lisbona, ndt) com'è e non come vorrei che fosse. Insomma queste sono nel primo dolce sonno dell'innocenza, pronte per essere scoperte da generazioni future con occhi diversi dai nostri.

Non preoccuparti amico, saremo morti da un pezzo.

1 Response
  1. Limo Says:

    Interessante questo spam etico.

    Magari però finiamola...